Saluto ai fedeli alla fine della Messa di ordinazione
Domenica del Buon pastore – Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni
Cattedrale di Pisa – 11 maggio 2025
Carissimi fratelli nell’episcopato, carissimi fratelli del presbiterio di Pisa, carissimi diaconi, seminaristi, laici e laiche, pietre vive di questa Chiesa, carissimi religiosi e religiose che in questa diocesi vivete e operate, carissimo Padre Generale, Padre Provinciale e tutti voi confratelli carmelitani scalzi che avete voluto accompagnarmi in questo momento così importante della mia vita, carissimi familiari, amici e amiche.
Al termine di questa celebrazione vorrei condividere con voi alcuni pensieri e sentimenti che porto nel cuore. Innanzitutto ringrazio tutti voi per aver partecipato alla mia ordinazione episcopale, portando in essa tutto ciò che siete e che rappresentate: è una ricchezza immensa che mi riempie di meraviglia e di gioia.
Permettetemi di esprimere la mia speciale gratitudine ai vescovi che mi hanno consacrato. Grazie a mons. Giovanni Paolo Benotto, dalle cui mani ricevo il dolce giogo di questa Chiesa pisana! Grazie per averla custodita, amata, curata con la fedeltà e la diligenza di un vero padre di famiglia per tanti anni! Grazie per avermi accolto in questa Chiesa come si accoglie un figlio e un fratello minore! Grazie al card. Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Montepulciano e presidente della Conferenza Episcopale Toscana, della quale con gioia inizio a far parte. E grazie al mio confratello mons. Botros Fahim, già vescovo di Minia in Egitto e ora professo carmelitano scalzo nella Provincia dell’Italia Centrale, col quale ho condiviso i miei ultimi anni a San Pancrazio a Roma.
Questa data, l’11 maggio, Domenica del Buon Pastore, resterà incisa nel mio calendario e nella mia storia di salvezza personale come uno spartiacque, che segna un prima e un dopo. Sono come uno che non è più e, al tempo stesso, non è ancora. Confesso che non è una sensazione troppo confortevole. Mi sento messo alla prova, forse la prova più grande della mia vita, giunta quando meno la attendevo. Ma probabilmente solo a questa età potevo affrontarla, quando si è sufficientemente deboli per chiedere aiuto e sufficientemente forti per lasciarsi aiutare. La vostra presenza in questo momento cruciale mi dice che ho bisogno di tutti voi per poter diventare ciò che già sono in forza del sacramento ricevuto. Quando dico “tutti”, intendo proprio ciascuno di voi, ognuno, ognuna con il suo dono e la sua grazia particolare. Solo così potrò essere per davvero il pastore di questa Chiesa, parte di quell’unico e indiviso episcopato che, in comunione con il Santo Padre, condivide la sollecitudine e la missione della Chiesa universale.
Davanti a noi è l’immagine del “pastore bello” del vangelo, il pastore che dà la vita alle pecore e non le lascia strappare dalla sua mano, che è la stessa mano del Padre. Quella mano l’ho sentita su di me nel momento della consacrazione e so che essa non si allontanerà dal mio capo, se io accetterò di stare fedelmente al suo riparo. Solo così la mia bocca potrà pronunciare parole di vita, il mio cuore potrà traboccare di misericordia e le mie membra compiere gesti di speranza e di amore.
All’immagine di Gesù Buon Pastore vorrei accostare anche quella che trovate nell’immaginetta a ricordo di questa celebrazione: il seminatore al tramonto. Al vederla molti di voi penseranno che questo è il mio progetto o almeno l’idea che mi sono fatta del lavoro che mi attende. Mi piacerebbe che fosse così, ma penso che non sarebbe realistico. È piuttosto il mio desiderio, il mio sogno e, se il Signore lo vorrà, la mia meta. Mi piace e mi convince l’interpretazione che van Gogh ha dato della parabola evangelica. Il seminatore non è al centro e neppure in primo piano. Il volto resta in ombra e la sua figura quasi si confonde con la terra. Solo il gesto è chiaro ed energico. In primo piano c’è la terra, una terra sgombra, vuota, in attesa, che con i suoi colori sembra imitare il cielo. Il cielo invece è dominato da un sole grande, gigantesco che inonda di giallo tutto l’orizzonte e fa di esso un campo di grano senza confini. È la promessa sicura che il raccolto verrà, verrà più dall’alto che dal basso e sarà al di là di ogni aspettativa.
Ecco, fratelli e sorelle, voglio lasciarvi con l’immagine di quel seminatore. Penso alle sue sensazioni, al senso di libertà con cui avanza in quel campo vuoto e aperto, al calore e alla luce con cui il sole lo avvolge, all’energia delle sue mani, la mano che stringe al cuore la sacca con i semi preziosi e la mano che li sparge con decisione nei solchi, noncurante degli uccelli che si calano per carpirli. Perché la vita è più forte e nessuno può spegnerla, come nessuno può spegnere quell’enorme sole, che è al tramonto, ma sembra non voler mai tramontare.
È una visione di speranza, che porto nel cuore. Ho voluto condividerla con tutti voi per chiedervi di pregare e di aiutarmi affinché, nel modo in cui Dio vuole, possa diventare realtà.
Che Maria, la Madre di Gesù e Madre della Chiesa, interceda per la nostra comunità diocesana e ci insegni a farci servi della Parola, testimoni del Risorto e annunciatori del Vangelo.
Per tutto questo invochiamo ora la benedizione del Signore sulla nostra assemblea e su tutto il nostro popolo.
