IN ARRIVO IL NUMERO DI NATALE DI TOSCANA OGGI/VITA NOVA
È in arrivo il numero di Natale del settimanale Toscana Oggi. Questa la prima pagina del dorso diocesano.
Ancora una volta – scrive l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto nel suo saluto – nella celebrazione del Natale di Gesù risuonano le parole della “moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”(Lc 1,13-14). Luca parla della “moltitudine dell’esercito celeste”: si tratta di un esercito speciale: non ci sono armi, cannoni e missili, bensì lodi e inni rivolti all’Altissimo e l’annuncio di pace per gli “uomini che egli ama”. Una scena ben diversa da quella che da dieci mesi in Ucraina semina distruzione e morte, lacrime e sangue, odio e rancore. Una scena alla quale tutti, insensibilmente, ma progressivamente, rischiamo di abituarci, come ci siamo abituati a uguali scene di distruzione e di follia omicida in innumerevoli altre parti del mondo. Viene da domandarci: è possibile che il cuore dell’uomo si indurisca a tal punto da non meravigliarci ormai più di tanto del sangue che gronda sulle mani omicide del Caino di turno? Non potrebbe essere che anche in noi stessi trovi spazio l’indifferenza con cui Caino rispose alla domanda postagli da Dio: “Dov’è Abele, tuo fratello?”. La risposta è nota: “Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?”(Gen 4,9). L’articolo completo è in prima pagina del dorso diocesano del settimanale. Dopo molti giorni di freddo ed umido (con le piogge abbondanti che, nei giorni scorsi, hanno fatto salire in modo preoccupante il livello delle acque del fiume Arno) il concerto di Natale offerto giovedì scorso dall’Opera della Primaziale pisana alla città ha dato a chi vi ha partecipato quel calore di cui tutti avevamo bisogno. Ha diretto il concerto il maestro Riccardo Donati, da trent’anni alla guida della cappella musicale della cattedrale di Pisa, che ha tirato fuori dal fondo musicale dell’archivio dell’Opa le partiture di Giovan Carlo Maria Clari, dal 1724 e fino alla sua morte, anch’egli alla testa della cappella del Duomo. Protagonisti: l’orchestra bresciana Bazzini Consort, la stessa cappella musicale del Duomo ed il coro di voci bianche dell’istituto arcivescovile «Santa Caterina». Al pubblico presente è stato proposto di sostenere, con una libera offerta, le mense dei poveri della Caritas diocesana.
Al mattino il presidente operaio Pierfrancesco Pacini si era incontrato con i giornalisti, esprimendo la soddisfazione per i molti cantieri aperti in tutti i monumenti di piazza del Duomo. Una volta conclusi – osserva – «la visita dei turisti e dei fedeli sarà ancora più bella». Il servizio di Andrea Bernardini è a pagina II del settimanale.
Festa – sabato scorso – a Cascina per l’inaugurazione – nella cappella del Santissimo Sacramento della pieve di Santa Maria – di un significativo presepe realizzato dall’artista fiorentino Sauro Mari.
Il materiale usato è molto semplice: scatole di cartone che il genio di Sauro Mari ha fatto diventare case. Il presepe di Cascina rappresenta diversi luoghi della Palestina e mette in scena diversi episodi del Vangelo. Al centro troviamo la scena della Natività, «animata» da personaggi in movimento impegnati in lavori di artigianato, bambini che giocano, massaie intente nelle faccende domestiche. Sopra la grotta è stata rappresentata Gerusalemme, la capitale della Palestina, luogo del culto e del potere, dove, nonostante le profezie, tutto sembra ignorare l’evento del Messia che è nato per portare al popolo d’Israele e a tutti gli uomini di tutti i tempi l’annuncio della misericordia e della tenerezza di Dio. Al lato sinistro del presepe è stato ricostruito il piccolo villaggio di Nain, collocato a qualche decina di chilometri da Nazaret, dove Gesù, passando con i suoi discepoli, si imbatte in un corteo funebre straziante: viene portato alla sepoltura il figlio di una povera donna vedova. Gesù si commuove, tocca la bara e dice: «Ragazzo, dico a te, alzati!». Il morto si mette seduto e comincia a parlare. E Gesù lo riconsegna vivo a sua madre. Questo fatto riportato dal Vangelo di Luca 7,11-17 testimonia come la speranza cristiana porta ad alzare il velo delle difficoltà della vita per incontrare Gesù che ci dona luce e fiducia per il futuro. «Nel presepe – spiega il proposto di Cascina, monsignor Paolo Paoletti – Sauro Mari ha costruito il paese di Nain per far capire che solo nella fede in Gesù si può trovare la forza per continuare a sperare e ad amare vincendo la nostra solitudine e le nostre paure. Guardare la Natività significa allora lasciarci illuminare perché tutta la nostra vita sia aiutata a sollevarsi da tante situazioni di difficoltà, di dubbio, di dolore che portano allo scoraggiamento e a perdere la fiducia in Dio, in se stessi e negli altri».
Sarà inaugurato il prossimo venerdì 23 dicembre alle ore 18 in piazza della pieve di San Casciano l’«albero della sicurezza». L’albero vuol ricordare a tutti noi il dramma degli infortuni sul lavoro. «Gli incidenti sul lavoro – commenta Maurizio Biasci (Movimento lavoratori di Ac) – continuano a mietere vittime in Italia e da gennaio a ottobre 2022 si contano 909 morti, pari a circa tre vittime al giorno. Siamo di fronte a una vera strage che si consuma in silenzio e troppe volte nel disinteresse generale. Dietro quei numeri ci sono volti, persone, famiglie che soffrono e che hanno affrontato la perdita di un lavoratore, di un loro caro, non è più possibile accettare questa situazione in silenzio. L’albero dell’artista Francesco Sbolzani ci ha aiutati in questa riflessione».
L’allestimento è semplice, costituito da caschi di sicurezza, anche usati, montati su una griglia metallica da cantiere, di colore diversi a rappresentare il lavoro dignitoso, quello sfruttato, quello che ferisce e quello che uccide.
Jacopo è un ragazzo speciale, non solo per i numerosi traguardi di studio raggiunti ma anche perché soffre di una malattia degenerativa, la Corea di Huntington, che affronta con il sostegno degli operatori che lo seguono al centro Le Vele, il centro polifunzionale socio-assistenziale della Fondazione «Dopo di Noi» – ente di scopo della Fondazione Pisa – attiva sul fronte dell’assistenza e riabilitazione a persone con disabilità.
Il brillante percorso di studi universitari di Jacopo, che ha 33 anni ed è nato a Pontedera, è iniziato con la laurea triennale in Scienze politiche nel 2012 (voto 110/110 Lode), è proseguito con la laurea magistrale in Scienze politiche – relazioni internazionali nel 2018, sempre con voto finale 110/110 e lode. Nel 2013 Favarin aveva frequentato un master a Maastricht in Studi Europei e nel 2014 aveva conseguito una specializzazione in Diritti Umani al Parlamento Europeo. La voglia di continuare a studiare lo ha poi portato a iscriversi a Lettere antiche.
Jacopo dal 2018 è inserito presso il centro Le Vele, dove vive. Da subito ha manifestato la volontà di impegnarsi nel percorso di studi universitari e trovato il necessario supporto nelle azioni quotidiane, nella riabilitazione e nello studio. Il centro Le Vele è una struttura residenziale accreditata al sistema socio–sanitario regionale che opera nel campo dell’assistenza socio–sanitaria, socio–assistenziale, educativa e riabilitativa. Il centro Le Vele nasce da un progetto della Fondazione Pisa, che dopo aver finanziato la realizzazione della struttura l’ha affidata in gestione al proprio ente di scopo, la Fondazione Dopo di Noi, che ha come sua mission l’assistenza alle categorie deboli svantaggiate. La sua storia è raccontata a pagina III del settimanale.
«Quello che non si vede» è stato il tema dell’incontro dell’Organizzazione non governativa «Medici con l’Africa Cuamm» onlus, organizzato nella chiesa universitaria di San Frediano martedì 13 dicembre scorso. Introdotto dalla dottoressa Linda Graziadei, ha reso la sua testimonianza il dottor Giovanni Putoto. Presenti i medici volontari della sezione di Pisa e una ventina di giovani della facoltà di Medicina dell’università di Pisa, laureandi, laureati o specializzandi, coinvolti professionalmente e umanamente nei progetti del Cuamm.
Lontano dagli occhi, la situazione africana, come quella di tante aree delle periferie del mondo, non si impone con la stessa forza mediatica della guerra in Europa. Eppure, degli eventi bellici in corso, della crisi energetica e alimentare e della recessione economica, anche l’Africa riporta già le ferite. Ferite che sono le nostre, che apparteniamo a «un unico continente afro-euro-asiatico» di cui il Mediterraneo è crocevia, come scrive Egidio Ivetic. Cicatrici che i volontari di Medici con l’Africa Cuamm conoscono bene, come Giovanni Putoto, medico responsabile della programmazione, padovano, tropicalista esperto in salute pubblica, «con tanta Africa addosso»: Rwanda, soprattutto, ma anche Kosovo, Moldavia e Ucraina. Putoto ha svelato le ricadute «invisibili» della situazione internazionale sulla popolazione e sui sistemi sanitari africani, perché «la prima vittima della guerra è la verità, come scriveva Eschilo. Questa guerra ha ripercussioni economico-finanziarie, energetiche e di ordine pubblico globali, lo dice anche il Papa. In Africa l’aumento dei prezzi rende ancora più grave una situazione già drammatica, mentre la spesa militare mondiale annuale ha superato i due trilioni di dollari. Tutelare la vita e preservare la pace è il nostro mandato», motto che la dottoressa Monica Uliana, per anni volontaria in Etiopia, capovolgerebbe in: «Preservare la pace per tutelare la vita». Il servizio di Maria Rita Battaglia è a pagina IV.
L’«alto Arrigo» (Paradiso, XXX 137) si chiamava propriamente Henricus (latino) o Heinrich (tedesco); ma in molti dialetti d’Italia nel Medioevo era normale il passaggio di e protonica + r ad ar: quindi da Enrico ad Arrigo con assimilazione di nr » rr. L’alto Arrigo era figlio di Enrico, conte di Limburgo; fu incoronato re di Germania il 1309; scese in Italia alla fine del 1310, quando Dante era già in esilio da otto anni. Della sua figura parla il professor Michele Feo in un suo contributo pubblicato a pagina VI del settimanale.
Curiosa pure la storia natalizia raccontata a pagina VII da Anna Guidi. In prossimità del Natale, proprio quando si raccoglie il muschio per allestire il presepe dove non manca mai un gregge, in Capanna, un podere nei pressi di Azzano, sono nati tre agnellini: i gemelli Altissimo e Fiocco di Neve e, a ruota, Adamo; li hanno partoriti due pecore di razza sarda, Azzurrina e Bianchina, di cui sono proprietari in comune Lorenzo e Michele . La nascita ha richiamato l’attenzione dei paesani che hanno accompagnato i bambini a far conoscenza dei teneri neonati. Una festosa opportunità.
Il lieto evento è interessante anche per la storia che lo accompagna, un’alleanza a tre che coinvolge un Lorenzo e due Michele. Lorenzo Folini è azzanese da sempre, un lavoratore del marmo che da quando è in pensione si dedica alla cura dell’orto, del campo e all’allevamento minuto di conigli, papere e galline. Michele Rossi Martoglio, invece, proviene da Forte dei Marmi e ad Azzano è approdato da poco, precisamente da quando si è allontanato per cause complesse dal mondo della moda. La riconversione è avvenuta con l’approdo all’agricoltura, un recupero delle tradizioni della famiglia, originaria di Orsomarso nel Pollino. Dopo aver realizzato abiti per vip (Madonna, la regina degli Emirati arabi, Bob Sinclair) – e aver collaborato con aziende come Blanca e Lora Smith, Roy Rogers, Moncler – a sessanta anni Michele è tornato alla terra e, affiancato dal fido ed esperto Lorenzo, ha preso a ripulire dai rovi e a dissodare campi lasciati incolti da anni per seminarvi grani antichi e formenton ottofile.
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