Omelia per il Te Deum di ringraziamento
Cattedrale di Pisa – 31 dicembre 2022
Nella Liturgia della Parola del VII giorno fra l’Ottava del Natale, risuona il monito dell’apostolo Giovanni che ci richiama in maniera perentoria al tempo che passa inesorabile: “Figlioli, è giunta l’ultima ora!”(1Gv 2,18).
Questa mattina, come ormai tutti sappiamo, è giunta l’ultima ora su questa terra per il Papa emerito Benedetto XVI: si è chiuso il suo pellegrinaggio terreno e si è spalancata a lui l’eternità nel mistero della vita stessa di Dio. Non possiamo dimenticare il servizio di “umile operaio nella vigna del Signore” che papa Benedetto ha svolto prima come maestro e guida sicura nella fede per la Chiesa universale e poi, dopo la sua rinuncia al pontificato, nel silenzio della meditazione e della preghiera dal suo monastero in Vaticano: di tutto vogliamo rendere grazie a Dio, innalzando al Signore, anche in questa Eucaristia, la nostra supplica, perché questo Servo fedele del Vangelo, Servo dei servi di Dio, sia accolto nella gioia eterna dal Cristo Risorto, che si è fatto Servo obbediente fino alla morte di croce per salvare l’umanità intera.
Con l’animo colmo di ricordi, di sentimenti di rimpianto, ma anche di gratitudine, facendo memoria di Papa Benedetto, vogliamo vivere con fede questa celebrazione di ringraziamento al termine dell’anno civile: dodici mesi trascorsi in una altalenanza di alti e bassi a causa della pandemia; in uno sprofondamento progressivo nel baratro della guerra in Ucraina senza che se ne possa vedere il fondo; in una incertezza crescente circa il futuro di una economia traballante e di un clima sociale che rischia di diventare esplosivo; in un massiccio disorientamento sociale testimoniato da una disaffezione inedita nei confronti della politica attiva; in un individualismo sempre più accentuato che allontana gli uni dagli altri e che rinchiude ciascuno nella sfiducia verso il prossimo e in una solitudine che non di rado diventa puro egoismo.
Si tratta di un clima che non ha risparmiato neppure il mondo ecclesiale, nonostante che siamo consapevoli che l’identità stessa della comunità credente ha come anima soprannaturale la comunione che viene da Dio, che ci raccoglie e ci stringe tutti in un unico corpo, perché animati e sostenuti tutti dall’unico Spirito Santo. Non sono mancati in questo anno motivi di grande sofferenza per la Chiesa a causa di scandali, di comportamenti contrari al Vangelo di Gesù, di superficialità e approssimazioni che hanno reso più difficile anche la vita di alcune nostre comunità parrocchiali.
È ovvio che tenendo conto di questo quadro di riferimento, il primo sentimento che ci deve animare è quello di esaminare le nostre responsabilità personali e comunitarie chiedendo perdono al Signore e ai fratelli se non sempre abbiamo operato come era giusto che operassimo e se con i nostri comportamenti, invece di aver contribuito alla crescita comune, abbiamo messo ostacoli e inciampi sulla via della perfezione evangelica soprattutto di chi è più piccolo, fragile e povero.
Se ogni nostra azione liturgica inizia sempre con la richiesta di perdono, tanto più alla fine di un anno così complesso come quello che stiamo per lasciarci alle spalle, dobbiamo ripetere con il cuore contrito: Signore, abbi pietà di noi!
Nello stesso tempo, non possiamo e non dobbiamo però dimenticare tutti quei benefici che il Signore ci ha donato. Ciascuno di noi, se guarda nel profondo del proprio cuore, credo che trovi innumerevoli motivi per dire grazie: per le piccole cose della vita di sempre che ci danno il buon giorno al mattino e che ci permettono di addormentarci alla sera con un cuore sereno; per le tante persone che ci hanno testimoniato il loro amore e la loro donazione quotidiana senza nulla chiedere in cambio; per la vicinanza gratuita di chi cammina con noi e che irradia attorno a sé serenità e pace. Piccoli gesti di bontà non mancano mai, solo che sappiamo vederli con gli occhi della meraviglia, tipici di chi è semplice di cuore e consapevole che il bene esiste ed è sempre capace di vincere il male. Per tutto questo, stasera, vogliamo rendere grazie al Signore.
Credo però che insieme alla richiesta di perdono e alla gratitudine, che sgorgano dal cuore di ognuno, sia giusto riflettere insieme anche sul percorso che come Chiesa diocesana stiamo facendo in questo tempo difficile, ma che pur sempre è tempo di grazia e di salvezza per tutti. Per questo vorrei soffermarmi su alcuni aspetti essenziali del nostro vivere ecclesiale: l’offerta di un progetto catechistico diocesano per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi; una più coordinata azione di carità che ha il suo punto di riferimento nella Caritas diocesana; il percorso di pastorale giovanile che sta riprendendo vigore e unitarietà diocesana dopo la terribile dispersione provocata dalla pandemia; e infine il cammino sinodale voluto dal Papa e che sta coinvolgendo la Chiesa intera e quindi anche la nostra diocesi.
Il progetto catechistico diocesano. Era da tempo che si sentiva l’urgenza di rivedere gli strumenti che da decenni erano alla base della catechesi per l’iniziazione cristiana e che erano stati preparati dalla CEI ed usati ordinariamente a partire dagli anni ottanta. Soprattutto, si sentiva l’urgenza di un progetto catechistico condiviso, senza il quale le singole parrocchie rischiavano di diventare autoreferenziali con soluzioni ben lontane dal poter trasmettere il patrimonio straordinario della nostra fede, oppure erano tentate di ritornare a forme decisamente anacronistiche.
Con uno stile che possiamo definire chiaramente sinodale, fatto di consultazioni ripetute dei sacerdoti, dei catechisti e dei responsabili dei vari Uffici pastorali diocesani e con il loro decisivo contributo, siamo giunti alla redazione di un progetto unitario e dei relativi testi che accompagnano catechisti e genitori, fanciulli e ragazzi dell’Iniziazione Cristiana fino alle soglie del sacramento della Confermazione, con il proseguo nel sussidio realizzato, anno per anno, ormai da ben sette anni, per cresimandi e cresimati giovanissimi.
Non mancano resistenze nell’adozione di questo progetto da parte di alcune parrocchie, ma credo che la bontà del progetto riuscirà a convincere anche chi pensa che fare da sé sia meglio che fare insieme a tutti gli altri con un fattivo spirito di comunione ecclesiale.
Cinquanta anni di vita e di attività della Caritas diocesana. Abbiamo celebrato recentemente il “giubileo d’oro” di fondazione della Caritas diocesana di Pisa. Un cammino che non si è mai interrotto, e che proprio durante il periodo più crudo della pandemia si è rivelato in tutta la sua capacità propositiva e operativa. Un cammino che ha sempre bisogno di confrontarsi con la realtà delle povertà antiche e nuove e che ha bisogno di fantasia creativa per non smarrirsi nei percorsi a cui da sempre siamo abituati, ma che a volte impediscono di cogliere non solo le nuove necessità, bensì soprattutto le nuove opportunità che il “profumo della carità” sa suscitare anche nel cuore di chi sembra più distratto o indifferente ai bisogni del prossimo.
Per questo, oltre che a ringraziare il Signore, desidero ringraziare tutti coloro che a vario titolo si rendono disponibili sia al centro diocesi, sia nelle Caritas parrocchiali o vicariali, a servire i poveri, senza mai trascurare quelle relazioni fondamentali con gli Enti locali e i Servizi pubblici, perché non si rischi di offrire per carità ciò che a ciascuno è dovuto per giustizia secondo le leggi e le norme vigenti. Un compito, questo, che esige conoscenze sempre aggiornate circa le leggi che regolano lo stato sociale, perché, nel reciproco rispetto, pubblico e privato collaborino per il bene comune e soprattutto la carità cristiana possa profumare di umanità e di prossimità evangelica le diverse responsabilità che competono a quanti sono tenuti a lavorare per il bene degli ultimi e dei più deboli.
Rilancio della Pastorale Giovanile nei vicariati della diocesi. Uno degli effetti più nefasti della pandemia è stato la rarefazione e a volte l’annullamento delle relazioni specie a livello di ragazzi e giovani con un pesante riflusso verso forme di individualismo esasperato favorito anche dall’uso massiccio e massificante degli strumenti informatici. In due anni di pandemia si è prodotto uno scollamento incredibile nelle relazioni giovanili. Solo a partire da questa estate sono state faticosamente riproposte esperienze comuni rivolte a giovanissimi e giovani con la speranza che possano rimettere in movimento soprattutto quelle attività formative che costituiscono un prezioso banco di prova per una crescita e una maturazione armonica delle nuove generazioni.
Strumenti indispensabili per questo cammino comune sono le Segreterie vicariali di pastorale giovanile che proprio nella pandemia hanno dimostrato la loro efficacia nel mantenere contatti e possibilità di relazioni per sostenere il lavoro formativo verso i giovani da parte delle singole comunità parrocchiali. Anche in questo caso, lo stile è stato ed è quello della sinodalità in atto nella concretezza della vita pastorale quotidiana.
Il cammino sinodale è l’ultima di queste quattro annotazioni che nell’ultimo giorno del 2022 desidero sottoporre alla vostra attenzione. Nello scorso anno abbiamo lanciato con grande forza il tema dell’ascolto di Dio e del mondo di oggi. Un ascolto che ha impegnato le nostre comunità e che ci ha permesso di dare maggiore impulso e forza ad uno stile relazionale che deve essere modalità di sempre e di tutti. Ci siamo soprattutto ascoltati all’interno della compagine ecclesiale; occorre però che questo ascolto si allarghi sempre di più perché anche chi vive ai margini o fuori della Chiesa possa aiutarci a capire quale sia oggi la strada da percorrere per diventare sempre più capaci di interagire con tutti, senza chiusure o ostracismi di sorta.
Un impegno che è richiesto a ciascuna delle nostre comunità, associazioni gruppi e movimenti, perché siamo capaci di cogliere su quali strade siamo chiamati a fare passare l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo perché giunga al cuore di ogni persona così che si senta cercata e amata da una Chiesa che deve sempre più diventare volto visibile e amabile del Cristo Gesù.
L’Ultima ora di cui parlava l’apostolo Giovanni, non è certamente momento terminale di un mondo stanco e deluso, bensì occasione di grazia, per cui attingendo alle fonti della salvezza, cioè a Cristo Salvatore, possiamo essere sempre di nuovo portatori del Lieto Annuncio, perché ogni uomo e ogni donna e l’intera società possano conoscere e amare Cristo, lasciandosi rinnovare dal suo amore senza limiti. L’ultima ora, così può sempre diventare la prima ora di un mondo rinnovato che doni speranza e fiducia agli smarriti di cuore e a quanti cercano quell’acqua viva che zampilla per la vita eterna, cioè lo Spirito di Dio che sempre rende nuove tutte le cose.
È questo l’augurio che questa sera rivolgo a tutti voi e all’intera nostra Chiesa pisana.