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Omelia della Notte di Natale

Cattedrale, 24 dicembre 2021

La parola di Dio che abbiamo ascoltato sia nella prima lettura tratta dal profeta Isaia (9,1-16), sia nel testo del Vangelo di Luca (2,1-14) ci parla di un bambino. Un bambino che nasce nella povertà, nella semplicità; che viene posto in una mangiatoia perché non c’era posto nell’alloggio, un bambino che “nasce per noi”, come diceva il profeta Isaia: ”ci è stato dato un figlio”. Un figlio speciale: sulle sue spalle è il potere, e il  suo nome è “consigliere mirabile, Dio potente, padre per sempre, principe della pace”.

E’ possibile che un bambino che abbia queste caratteristiche si trovi a nascere  dove è il posto per gli animali perché là dove gli uomini abitano non c’è posto? E’ possibile che un bambino abbia queste prerogative che non sono alla portata di tutti? Questo è possibile quando Dio compie le sue grandi opere: “questo farà lo zelo del Signore degli eserciti” concludeva la lettura del profeta Isaia. 

Questo il Signore continua a farlo anche oggi: abbatte i potenti ed esalta gli umili, manda a mani vuote i ricchi e sfama chi ha fame; butta all’aria quelle che sono le logiche umane per offrire a tutti la possibilità di un’altra logica, una logica di amore, la logica della gratuità e della donazione di sé. E Dio che ci chiede di donarci agli altri, lui per primo dona se stesso a noi. Cristo Gesù “ha dato se stesso per noi”, diceva l’Apostolo Paolo a Tito (2,11-14) “per riscattarci da ogni iniquità per formare per Dio, un popolo puro che gli appartenga pieno di zelo per le opere buone”. 

E’ Dio che per primo si mette in gioco per noi, per darci l’esempio; non possiamo dimenticare infatti quanto Gesù disse ai suoi apostoli durante l’ultima Cena quando si mise a lavare i loro piedi: “voi mi chiamate Signore e Maestro, e dite bene, perché lo sono. Se io che sono il Signore e Maestro ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”. 

Dio stesso, in Cristo Gesù, entra nella nostra storia, si mette al nostro livello, perché camminando sulle sue orme, possiamo arrivare al livello di Dio. Dio ci viene incontro per dirci: la strada che io ho fatto per venire a voi è la strada che anche voi potete percorrere per venire a me, perché ci sia un autentico incontro di amore fra lui e noi, fra noi e lui. La garanzia è il fatto che il Verbo eterno di Dio, il Figlio di Dio, ha preso la nostra carne e si è fatto uomo; è diventato uno di noi con le nostre stesse fatiche, con le nostre stesse sofferenze, coi nostri stessi limiti, umanamente parlando, proprio per dirci: anche voi, con me, potete percorrere la strada che porta alla realtà di Dio. 

Proprio il Natale che noi celebriamo in un tempo difficile, complicato, che sembra non trovar fine e che esige tanta attenzione, disponibilità e umiltà da parte di tutti, questo tempo nel quale tutto è così complicato, può essere però il tempo in cui si riscopre la possibilità di un percorso di vita che possa dare di nuovo senso, significato, non solo alla nostra vita personale, ma anche alla vita della nostra società e della stessa Chiesa. 

C’è bisogno di fare di nuovo silenzio dentro di noi, lasciando da parte tante voci inutili e tanti discorsi che invece di costruire, confondono e distruggono, per ritrovare il senso vero e quei punti di riferimento che danno luce alla vita; per avere quella struttura interiore che ci permetta di non vacillare di fronte alle difficoltà che andiamo incontrando. “Si è manifestata la grazia per tutti gli uomini”, diceva ancora l’Apostolo Paolo. Si sta manifestando anche per noi oggi, nel nostro tempo, la grazia di Dio per l’uomo. 

E questo ci permette di aggiungere una ulteriore riflessione: il testo dell’Evangelista Luca che abbiamo ascoltato caratterizza in un tempo preciso ciò che avviene a Betlemme di Giudea. Siamo sotto l’impero di Cesare Augusto. Roma aveva conquistato tutto il bacino del Mediterraneo. Si sta parlando di una pace che abbraccia la terra. Ma la vera pace non è quella di Augusto; la vera pace non è quella delle grandi potenze che si fronteggiano le une con le altre e che fanno vivere tutti nel terrore. La pace non è mai frutto delle ingiustizie che assillano il cuore di tante persone e rendono impossibile la vita di tanti poveri. La pace è un’altra cosa. Ciò che il Vangelo dice sembra un controsenso: mentre il mondo era in pace, arriva la pace. Sì, perché la pace che viene da Cristo, non è solo assenza di guerra, bensì è proposta di amore e di giustizia per tutti. 

A volte rischiamo di contentaci del minimo. Quando invece abbiamo a disposizione il massimo, quel massimo di amore che viene da Dio, perché contentarci del minimo, delle nostre piccole beghe quotidiane? Delle contrapposizioni che rendono distanti gli uni dagli altri, quando invece è possibile, se lo vogliamo, fare ciascuno la propria parte perché si realizzi davvero la pace che è dono di amore che ci viene da Dio? 

Il passo che c’è da fare è il passo della fede. C’è bisogno di spogliarci di tante realtà che luccicano e illudono e cercare la vera sostanza delle cose. E’ un processo che riguarda tutti, ma soprattutto riguarda chi è già più adulto per poter mettere in atto cammini educativi autentici. Non si vive l’amore se non ci si educa all’amore. La disponibilità del dono non è il frutto di un istinto; bensì è frutto di una ricerca quotidiana per mettere da parte l’io e dare spazio al noi; per mettere da parte ciò che ci frena in un incontro autentico col prossimo per dare spazio a Colui che di tanti tu può fare un noi. Chi fa il noi da tanti tu è il Signore Gesù che ci unisce e ci affratella e ci fa sperimentare la bellezza di essere un’unica famiglia. 

Il Bambino Gesù che viene al mondo nella povertà, nella sua piccolezza ci dice: questa è la strada da percorrere. Se tu nella fede ti fidi, sperimenterai che cosa significa davvero pace. Se ti fidi di me, se ti apri al tuo prossimo anche nelle difficoltà del vivere, ti renderai conto che è possibile dare un senso nuovo alla vita con quella bellezza d’amore di cui tutti sentiamo il bisogno. 

E’ questo l’augurio che io faccio a me e a voi; che faccio a ciascuna delle vostre famiglie, alla nostra città e alla nostra Chiesa pisana: diamo spazio all’amore! Anche quelli che sembrano problemi insormontabili ci si accorge che insieme è possibile affrontarli, trovando anche le modalità giuste perché tutti possano sperimentare quell’amore di cui ciascuno ha bisogno. 

Il Signore ci chiede di fidarci! Fidiamoci di lui e sperimenteremo ciò che avviene ai pastori quando l’Angelo si rivolge loro nella notte di Betlemme: “la gloria del Signore li avvolse di luce”. Quanto bisogno abbiamo di luce interiore! Possiamo trovarla, l’abbiamo a disposizione, e anche se lì per lì temiamo come temettero i pastori, ecco l’angelo ci ripete: “non temete, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo”. Non è gioia solo per qualcuno, è per tutti; “oggi nella città di Davide”, oggi qui  a Pisa, in tutto il mondo, nell’intera umanità, “è nato per voi”, per noi, per ciascuno, “un salvatore che è Cristo Signore”. 

Non andiamo a cercare grandi segni. Dice l’angelo ai pastori: “questo è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia”. Un segno povero, ma un segno di vita. Questa vita che ci viene donata diventi la ricchezza che possiamo scambiarci gli uni gli altri nella fede in Cristo Gesù.

(da registrazione)