Cattedrale – 1 novembre 2021
Nel salmo responsoriale sono risuonate due domande: “Chi potrà salire il monte del Signore? chi potrà stare nel suo luogo santo?”. Sono due domande che nella festa di Tutti i Santi possono salire anche dal profondo del nostro cuore, formulate magari ciascuno in rapporto alla sua esperienza di vita di fede: potrò io salire il monte del Signore? Potrò stare nel suo luogo santo?
In realtà ogni cristiano, ogni membro del popolo di Dio, è stato chiamato non solo a cercare il volto del Signore, ma è stato preceduto dal dono di amore con il quale il Signore sempre viene incontro a ciascuno.
Ci viene chiesta la santità, ma non perché noi dobbiamo arrampicarci fino al cielo per prenderla, per farla nostra, ma perché il dono della santità, cioè il dono della pienezza dell’amore di Dio, ci è stato già offerto; è già venuto incontro a noi per cui è possibile salire il monte del Signore, è possibile stare nel suo luogo santo.
E ciò è possibile ogni giorno. Dal momento in cui abbiamo ricevuto il Battesimo, cioè dal momento in cui il dono dell’amore e della pienezza della grazia di Cristo è venuto a ciascuno di noi, noi siamo abilitati e resi capaci soprannaturalmente di tendere alla realizzazione del disegno di salvezza che il Signore ha per ciascuno di noi. Possiamo diventare santi, possiamo vivere in noi in pienezza la santità stessa di Dio. Non è una illusione, non è soltanto un pio desiderio, è una realtà a nostra disposizione.
Per renderla parte della nostra vita, e perché la nostra vita possa crescere e fruttificare nella santità, c’è bisogno di far sì che essa, la santità di Dio, vivifichi ogni realtà della nostra esistenza quotidiana.
Ecco dunque le Beatitudini proclamate dal Vangelo di Matteo.
Dice l’Evangelista che vedendo le folle, Gesù si pose a sedere, con intorno a lui gli apostoli e i discepoli. Come dire: il messaggio che parte da Gesù incontra prima di tutto quelli che stanno più vicini a lui, ma poi è un messaggio che deve irradiarsi verso tutti ed arrivare alle folle, superando quell’anonimato che a volte c’è anche nel nostro rapporto con Dio.
E Gesù si mette ad insegnare: beati i poveri in spirito, beati quelli che sono nel pianto, beati i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la giustizia, nella sofferenza . Una beatitudine che investe ogni realtà del nostro vivere; ogni realtà interiore ed esterna alla persona è luogo e spazio nel quale si può costruire la nostra risposta di santità al dono di santità con cui Dio ci è venuto incontro per primo.
Di qui la necessità di confrontarci con le Beatitudini. E’ un’operazione che dovrebbe stare a cuore a ciascuno, se non tutti i giorni, ma almeno a scadenza fissa dovremmo fare il nostro esame di coscienza proprio in rapporto alle beatitudini.
Infatti, se vogliamo far parte del regno dei cieli, ed usufruire di questo dono di pienezza di vita col Signore, abbiamo bisogno di diventare poveri in spirito: abbiamo bisogno di cercare il volto del Signore attraverso la semplicità del vivere, ritenendoci davvero bisognosi che il Signore ci venga incontro. Allora, soprattutto nei momenti del pianto, della fatica, della sofferenza, la grazia di Dio ci viene incontro come consolazione e come presenza d’amore che ci accompagna.
Di fronte a un mondo dove sembra vincere la violenza e la sopraffazione, ecco la mitezza come strada per permettere a noi di maturare nella santità, ma anche per cambiare la terra, per avere in eredità la terra, cioè per poter dare al mondo punti di riferimento capaci di cambiare in meglio la vita.
E ancora: di fronte alle tante ingiustizie che purtroppo gravano sulla vita di tante persone che pure hanno fame e sete della giustizia, ecco la consapevolezza che il Signore è pronto a saziarci anche ora, e non soltanto nell’eternità.
La misericordia spalanca sempre il cuore di Dio, o meglio, la misericordia vissuta, apre il nostro cuore per accogliere la pienezza della misericordia di Dio con cui ci viene incontro. E così la purezza di cuore rende limpidi i nostri occhi per poter riconoscere il Signore presente.
Qualche volta sentiamo dire da tante persone: ma dov’è Dio? Perché non si manifesta? Perché non si rende sensibile? Dio c’è, Dio è con noi; ha bisogno soltanto di avere degli interlocutori che abbiano occhi puliti, cioè cuore pulito. Vedere Dio con gli occhi del cuore e dell’anima, è possibile quando si sanno superare le scorie delle nostre resistenze, dei nostri egoismi, dei nostri limiti, per lasciarci illuminare dalla luce di Dio.
E poi nella concretezza della vita di tutti i giorni si incontra il Signore e ci si riconosce davvero tutti figli dell’unico Padre quando operiamo la pace, quando costruiamo la pace, quando accogliamo il dono della pace che viene dall’alto, e diventa questo lo stile di vita delle nostre relazioni interpersonali e sociali.
Anche i momenti di persecuzione, di incomprensione, che pure fanno male e fanno provare la fatica del vivere in relazione con gli altri, diventano occasioni per riscattare il male che c’è nel mondo, insieme a Cristo Gesù che ha vinto il male con il bene; che ha vinto la morte con la sua risurrezione e che permette a ciascuno, quotidianamente di superare i limiti dell’orizzonte terreno non soltanto per guardare più in là, ma per aprire strade che portino davvero all’incontro dell’uomo col Signore,
“Rallegratevi, esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. Ci ha detto l’Apostolo Giovanni nella seconda lettura (1Gv 3,1-3) che fin da ora siamo figli di Dio e lo siamo realmente, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. C’è un di più, c’è un oltre verso il quale siamo diretti. Noi questo “oltre” lo crediamo; fra poco lo professeremo nel canto del Credo. Non basta però professarlo con le labbra, c’è da coglierlo con la vita, facendo sì che ogni nostra scelta non sia soltanto fatta calcolando i risultati o i vantaggi che ne possiamo avere qui, in questo tempo, in questa vita, ma sia fatta guardando all’oltre, a quella meta che sta più in là e alla quale siamo destinati.
E’ la meta definitiva: l’incontro con Dio; la possibilità di godere insieme con lui nell’eternità con la “moltitudine immensa che nessuno poteva contare di ogni nazione tribù popolo e lingua”. E’la pienezza della vita nella quale si comprenderà davvero, cosa voglia dire essere in Dio, e possedere pienezza di gioia per l’eternità.
Chiediamo al Signore di essere capaci di camminare su questa strada che egli ci presenta. Chiediamo l’intercessione della Vergine Maria e di tutti i Santi perché ciascuno senta di appartenere a questa grande famiglia dove la santità è a portata di mano; dove Dio è presente in mezzo a noi, e dove, guardando a chi ci sta intorno sapendo cogliere tutto quel bene che ciascuno possiede, ci potremo rendere conto di quella “santità della porta accanto” di cui parla spesso Papa Francesco.
Che anche noi possiamo essere santi della porta accanto per tanti fratelli e sorelle che hanno bisogno non soltanto di sapere cos’è la santità, ma di vederla messa in pratica nella vita di tutti i giorni!
(da registrazione)